Tags: Efficienza energetica, Certificati bianchi

VERSO L’XI CONFERENZA PER L’EFFICIENZA ENERGETICA

Aste per i TEE: una Cura Peggiore del Difetto

di: Alessandro Mengoli* e Raffaele Scialdoni**
L’articolo di ERmetici & SFidanti ha suscitato grande attenzione nel mondo degli Energy Managers e degli osservatori più attenti, tanto da guadagnarsi la prima pagina della Staffetta Quotidiana. Ma anche molte critiche nel merito. Altri due collaboratori eccellenti dell’Astrolabio, hanno deciso di metterle per iscritto, in un articolo altrettanto interessante, che ripropone le ragioni di un meccanismo la cui complessità è adeguata ai risultati attesi e consiglia il miglioramento delle procedure come rimedio alla crisi.


Ad ERmetici e SFidanti va riconosciuto il merito innegabile di avere avanzato proposte concrete, creando una discontinuità dalla litania, ormai da tutti recitata de “il sistema non funziona, bisogna fare qualcosa”, senza però alla fine proporre o prospettare qualcosa di concreto.

Detto questo, però, occorre subito aggiungere che non basta essere “Ermetici e Sfidanti” (di seguito E&S) per proporre qualcosa che risponda alle esigenze di un cambiamento nella gestione del sistema dei Titoli di Efficienza Energetici che lo renda strumento efficace per la “promozione dell’efficienza energetica “.

Infatti, la proposta di E&S non ci convince, sia per le premesse che la ispirano che per il meccanismo proposto (quello delle aste) e per la mancanza di chiarezza nelle varie fasi della procedura della proposta stessa, forse compatibile con la necessaria brevità dell’articolo che non poteva cogliere in modo esaustivo tutti gli aspetti.

Noi preferiamo partire dalla constatazione che ogni sistema ha le sue imperfezioni: dei limiti mostrati dal meccanismo dei CB si è ampiamente parlato. Essi sono emersi per le modifiche intercorse al meccanismo dei TEE: l’aumento delle “restrizioni” alla concessione dei TEE, l’aumento della complessità della documentazione, l’allungamento delle procedure. Infine, la “scoperta” di truffe di grandi dimensioni, perpetrate fra 2016 e 2017 a seguito di controlli effettuati dal GSE, ha dato un colpo di grazia all’equilibrio tra “obbligo” (la domanda) e TEE generati (l’offerta).

In un suo articolo sull’argomento, Dario di Santo, direttore di FIRE, sostiene che l’insegnamento sta nel comprendere che “crescita degli obblighi” e “regole stringenti” non possono coesistere e che occorre porsi una domanda fondamentale: andare verso la crescita dei risparmi (vedi art. 7 direttiva efficienza energetica) o promuovere solo i risparmi energeticamente “addizionali”?

A seconda dell’orientamento, il meccanismo modifica il suo sistema di gestione andando dalla facilità di accesso e metodi semplificati di valutazione dei risparmi ottenuti fino alla “premialità” delle sole situazioni che veramente necessitano di sostegno in quanto qualificano soluzioni, operatori e servizi.

Sono queste, quindi, le strade da prendere in funzione di come si vuole che lo strumento TEE influisca sul raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica, avendo chiarito limiti e difetti del sistema stesso.

Ma, se è giusto partire dei “limiti e difetti” dell’esistente, occorre anche parlare dei limiti dell’alternativa che si propone, nella fattispecie quella delle aste (per altro, già applicata in altre situazioni, seppur differenti).

Al riguardo vogliamo sollevare qualche perplessità.

  1. Il Governo fissa un obiettivo annuo. E si suppone che sia ambizioso visto il nuovo impegno preso con il PNIEC di riduzione dei consumi al 2030 (riduzione consumi dal 33% ad una quota del 43%). Il budget deve essere in grado di attrarre investimenti sull’ efficienza. Ma, come si vede nei meccanismi delle aste, ad esempio sui titoli di stato, diversi fattori entrano in gioco. In quel caso, si valuta il rischio solvibilità del Paese. Nel nostro caso, occorre valutare le previsioni sul costo dell’energia, l’andamento dell’economia, la propensione al rischio del soggetto economico, la sua forza nel mercato ecc. La garanzia intrinseca di non superamento del budget è vera in un contesto di budget variabile in funzione del grado di partecipazione alle gare, senza tetto verso il massimo. Vi potrà essere il momento di scarsità di partecipanti alle aste con una base rialzata di molto, che rimarrà alta per tutta la durata dell’intervento, in analogia ai titoli di stato venduti con uno spread elevato. Nei nuovi TEE, però, il budget è calmierato e fissato definitivamente col prezzo massimo di acquisto posto a 250 €.
  2. L’attribuzione al massimo ribasso è concetto ormai superato, non solo per le gare su servizi e lavori, ma anche per le gare di fornitura di beni. È stato sostituito dalla valutazione sull’offerta “economicamente più vantaggiosa” che analizza una serie di parametri e non si limita alla semplice comparazione sul prezzo. Così deve essere anche per i progetti di efficienza energetica. Proprio perché, piuttosto che l’ambito settoriale, sociale, territoriale, funzionale, la cosa che guida maggiormente al margine di risparmio non è la tecnologia ma è la baseline, la situazione di partenza unita all’intensità di utilizzo della tecnologia: questo permette un rientro economico più breve e di conseguenza consente un maggior ribasso in sede d’asta. Nonostante la scomposizione nei più ristretti ambiti settoriali, questa considerazione non potrà mai essere fatta propria dal meccanismo delle aste. Diversamente da quanto riesce al meccanismo dei TEE che pone la situazione di partenza assimilata al mercato di riferimento o alla situazione esistente. E con i TEE sono ammessi entrambi, con una diversa valutazione del risparmio. Invece, con l’attribuzione delle aste al massimo ribasso si andrebbero a privilegiare gli interventi che partono dalla situazione più disastrosa. Sono questi gli interventi che meno avrebbero bisogno di un incentivo in quanto già si ripagano in tempi rapidi da soli. In una parola, si andrebbero a incentivare gli ”interventi facili” ma chi lavora ed ha conoscenza del settore dell’efficienza energetica sa che ormai (specie nel settore industriale) gli interventi “facili” sono sempre meno. Soprattutto, quelli che possono veramente incidere anche sulla competività di strutture ed imprese si basano su interventi “complessi” e di sicuro “costosi” e l’applicazione di un meccanismo come quello delle aste finirebbe inevitabilmente per penalizzarli.
  3. Così come il Conto termico, anche le aste non prevedono regole di rendicontazione. Si dice che uno dei limiti dei TEE siano le truffe di recente scoperte. Ma le truffe è stato possibile scoprirle per due ragioni: perché nei TEE vi sono regole di rendicontazione estremamente esigenti e perché si sono fatti i controlli. Invece, non abbiamo notizia di truffe scoperte sulle detrazioni fiscali anche perché non abbiamo notizie dei controlli sulle detrazioni. Come sul Conto Termico. Inoltre, questa obiezione è la stessa che vorrebbe che in Italia non si facessero opere pubbliche perché c’è la corruzione.
  4. Rimane il fatto che i TEE stabiliscono rigide regole di rendicontazione periodiche, al contrario delle aste. Le regole oltre a stabilire il consumo di riferimento (baseline) indicano l’algoritmo da utilizzare (schede standard) o richiedono un PPPM dove deve essere descritto l’algoritmo di calcolo che si utilizzerà per il calcolo del risparmio oltre al piano di misura. E dovrà essere presentata una richiesta (RVC) per il riconoscimento dei titoli ogni anno. Non si sa come potrebbe avvenire la rendicontazione per le aste.

Anche alcune conclusioni sul meccanismo dei TEE fatte dall’articolo E&S non ci trovano d’accordo. L’osservazione che “il meccanismo fallisce nella sua missione principale: stimolare lo sviluppo di un numero di progetti maggiore rispetto a quanto avverrebbe in sua assenza. Il contributo fornito al perseguimento degli obiettivi di lungo periodo è allora oggi molto modesto, se raffrontato alle cospicue somme investite” è corretta, occorre però comprendere il perché della mancanza di progetti, che ha cause molto precise e che sono chiarite molto bene da Dario di Santo: “Questi cambiamenti continui di regole e la mancanza di un supporto informativo sufficientemente strutturato hanno determinato una difficoltà di ottenere TEE sui progetti presentati. Il meccanismo ha subito una forte perdita di credibilità che ha portato ad una conseguente riduzione nel riconoscimento di nuovi titoli e ad un’impennata della loro valutazione economica negli scambi che è arrivata a toccare i 480€ per ogni TEE. Molte aziende hanno escluso i TEE dai loro piani economici di valutazione degli investimenti in efficienza energetica. Con le nuove linee guida emanate dal MISE a fine 2017, corrette nel maggio 2018, il meccanismo avrà una regolazione della quotazione massima fissata a 250€/TEE”.

Anche la considerazione di E&S sugli effetti del rischio di sovrapposizioni con altri strumenti incentivanti (eco-bonus, conto termico, Certificati Bianchi alla CAR, sgravi fiscali per industria 4.0….) non è condivisibile. In realtà solo i TEE e il Conto Termico si prefiggono il risparmio di energia. Gli altri strumenti, energivori, sgravi fiscali, 4.0, si prefiggono anche il risparmio di energia accanto ad altri obiettivi e la loro comparazione o associazione con i TEE non è del tutto corretta ed in ogni caso non è quella riportata da E&S.

Un’ultima considerazione sulla sostenibilità economica del meccanismo TEE, sulla sua “onerosità economica” ed alle “cospicue somme investite”. Riguardo la sostenibilità del meccanismo si deve valutare quanto il costo gravi sulla cassa dell’utente finale.  Se si considera un costo annuo del meccanismo pari a circa 1,8 M.di di €, un utente domestico si vede gravare la bolletta elettrica di 3 €/MWh a fronte di un costo medio di 196€/MWh, che significa un aumento della spesa annua di 21€ se si considera anche il gas naturale. Stiamo poco oltre il punto percentuale della spesa annua. Riguardo all’obiezione circa le “cospicue somme investite” la valutazione dovrebbe essere compiuta sull’efficacia del meccanismo in relazione al costo sostenuto. In termini di sistema, il valore cumulato dell’incentivo dovrebbe essere inferiore a quello dell’import di gas evitato affinché lo schema sia efficace come giustamente afferma Di Santo. Dalla tabella riportata, estratta dall’articolo citato, si può notare come tale condizione sia rispettata dalle Linee Guida emanate con il D.M. di più recente pubblicazione, dove il cumulato nei 7 anni di incentivo attualizzato (1447€) risulta circa il 60% del costo evitato dall’import di gas attualizzato (2463€).

 

In conclusione, se è vero che la “complessità” della gestione del sistema dei TEE, con le sue regole di selezione dei progetti unite a quelle di rendicontazione ed alla esecuzione di controlli, è da tutti indicata come uno dei problemi principali per consentire il raggiungimento degli obiettivi, è altrettanto vero che il meccanismo di rendicontazione (che lega l’incentivo strettamente al risparmio conseguito) ed i controlli sulla corretta esecuzione degli interventi, sono anche gli elementi di forza e credibilità del sistema .

Tali punti di forza e debolezza simultanei non possono semplicemente essere “cancellati” e sostituiti da un meccanismo che consenta prioritariamente “riconoscimenti economici” a quegli interventi dove il TEP risparmiato costa di meno (probabilmente, più adatto alla produzione da  rinnovabili).

La chiave è nella semplificazione delle procedure messe in atto in questi anni per la gestione del meccanismo dei TEE, non nel loro annullamento.

*EGE Civile

**EGE Industriale

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